martedì 9 agosto 2011

Un cuore transumante

Cuore e Montagna. Sono le parole chiave del discorso antropologico intrapreso da Sandro Visca circa trent’anni fa. I pastori guerrieri che nell’età del bronzo popolavano le montagne abruzzesi incidevano sull’argilla segni e decorazioni simboliche arrivati, in una continuità formale sorprendente, fin sulle cassepanche e sugli oggetti d’uso quotidiano dei pastori transumanti del ventesimo secolo.(1)

Una di queste immagini è il cuore, centro vitale dell’essere umano. Il cuore arcaico dalla punta aguzza e diretta verso l’alto, come le estremità di quelle cornucopie e di quei corni, di quei denti di lupo che nel mondo agro-pastorale assicurano abbondanza e allontanano la negatività. Tutte le culture tradizionali localizzano nel cuore i sentimenti e le qualità umane più importanti perché oltre ad assicurare la vita, secondo antichi parametri di conoscenza il cuore si trova al centro del corpo umano. L’associazione cuore - centro ha amplificato il simbolismo positivo e solare della sua raffigurazione molto diffusa nell’iconografia popolare.


La forza vitale del cuore di Sandro Visca ‘offerto’ al Gran Sasso è rafforzata dal suo colore: rosso come il sangue, elemento dalla connotazione ambigua, signum vitae e signum mortis che nella devozione popolare mostra un fluire denso di significati ricollegabile alle pitture rupresti rinvenute nelle grotte (2), luoghi di culto arcaici in cui i primi disegni erano prodotti con il sangue degli animali uccisi. Non è un caso che nella cultura popolare il rosso è il colore degli amuleti che fortificano il portatore per le loro virtù benefiche. Rosse sono le collane di corallo delle nostre matriarche contadine, rosso il cornetto spillato sulle camicie dei neonati, rosse le corna di montone tenute nelle stalle e di rosso vengono colorati molti dei ferri di cavallo posti sull’uscio di casa.(3)
Un cuore rosso quindi, che racchiude leggende, rituali, gesti e simboli delle antiche genti. Un cuore ideato e creato per essere collocato sul Gran Sasso, in un viaggio complesso che richiama la fatica di chi a piedi nudi per centinaia di anni ha solcato sentieri di montagna per raggiungere conicelle, chiese rupestri, eremi di cui l’Abruzzo è disseminato.


Una trasposizione dal rigore religioso, che ricorda le offerte degli ex voto––in questo caso un ex voto abbastanza grande da accogliere le preghiere di un’intera comunità––o il trasporto di un elemento processionale che ha senso solo se inserito in uno specifico percorso. Tante le associazioni, tante le transumanze intese nel loro primo significato etimologico.


Un pellegrinaggio che ha inizio a Santo Stefano di Sessanio, il paese dei massi strappati alla terra; il paese il cui Santo patrono, Santo Stefano protomartire, è raffigurato con un cumulo di pietre in mano. Punto d’arrivo è il Gran Sasso, con le sue cime rocciose, immutabili e pure.

Un viaggio sacro di sospensione e profondità ascendente, come le esperienze miracolose di quei Santi, di quelle Madonne d’Abruzzo che nell’immaginario collettivo, durante il tempo magico della notte, lasciano il luogo scelto dall’uomo e raggiungono quello più vicino a Dio: la Montagna.

~ Annunziata Taraschi
 
(1) Cfr. AaVv, Genti d'Abruzzo, dal Museo al territorio, Carsa Edizioni, 2008, Pescara. 
(2) Per l’Abruzzo importanti ricerche condotte dall’Archeoclub di Pescara hanno portato alla luce pitture rupestri neolitiche sulla Maiella effettuate con l’ocra rossa. Cfr: Vincenzo ed Ermanno de Pompeis, Le pitture rupestri in AaVv, Conosci il museo, vol.1, pag.36 e seg., Museo delle Genti d’Abruzzo, 1997, Pescara. 
(3) Per questo argomento segnaliamo, tra gli altri, A.Gandolfi, Amuleti. Ornamenti magici d'Abruzzo, Tracce, Pescara 2003; M.Eliade, Immagini e simboli. Saggi sul simbolismo magico e religioso, Jaca Book, Milano 2007; J.G.Frazer, Il ramo d'oro, Bollati Boringhieri, Torino 2007.

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